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#LIBROMANIA – Padre Ricco Padre Povero

La “corsa del topo”, il cashflow, la colonna degli attivi. Non a caso questo libro è un bestseller del business.
I concetti sono pochi, ripetuti dall’autore fino allo sfinimento, gli spunti moltissimi, al punto che terminato di leggere si ha l’impressione di comprendere molto di più il mondo degli affari.
Uno dei fondamenti alla base di questo testo è sicuramente che la coscienza finanziaria non viene stimolata dal sistema scolastico americano, analogamente a quello italiano. Per anni il sistema socio culturale, soprattutto europeo, ha inculcato nella mente dei cittadini che l’uomo d’affari è uno sporco ed avido capitalista, pronto a fregarti in qualsiasi istante. Analogamente si è affermata la tendenza ad affossare lo spirito imprenditoriale con il postulato del posto fisso, la semplicità e la stabilità della busta paga, puntuale e solitamente ineluttabile allo scadere del mese.

Lo scrittore ed imprenditore Robert Kiyosaki evidenzia le problematiche legate ad una scarsa educazione finanziaria, mostrando come, nella società statunitense, il percorso prestabilito, cioè studiare, trovare un buon impiego e lavorare sodo, non permette di arricchirsi e in alcuni casi di vivere una vita serena, priva di preoccupazioni economiche. Non vuole tale posizione essere un deterrente a questo percorso di buon senso, quanto stimolare il lettore a sviluppare un’intelligenza e alfabetizzazione finanziaria che possa alleggerire le preoccupazioni persistenti dell’americano medio.
Una delle criticità maggiori nella diffusa concezione finanziaria sta nel fatto di non saper riconoscere i cosiddetti attivi e passivi, cioè i movimenti di denaro che portano un rientro a medio-breve e lungo termine e quelli che invece consolidano la lista delle spese. Secondo l’autore questa capacità è alla base della mancata fortuna della sempre più povera classe media. I ricchi riescono a riconoscere gli attivi e a spendere ogni singolo centesimo per incrementarli. I poveri (di conoscenza finanziaria) comprano passivi pensandoli attivi.
Per rendersi conto di come le entrate del lavoratore medio siano dirette alla colonna dei passivi, Kiyosaki utilizza dei grafici che descrivono il comportamento del denaro, il cash flow, flusso dei soldi. Analizzando con tale modalità le variazioni economiche e finanziarie ci si rende conto di come molte operazioni e movimenti di denaro “tradizionali” portino ad un incremento dei passivi.

L’autore parla della sua infanzia e di come sia stato in balia di due impostazioni educative differenti, una molto “socialista” impartitagli dal “Padre Povero” e l’altra diametralmente opposta, “capitalista”, dal “Padre Ricco”.
Il Padre Povero è il vero padre di Kiyosaki, un provveditore agli studi, fedele servitore dello stato, grande lavoratore e ciecamente convinto della bontà del sistema scolastico e socio-culturale americano.
Quello che viene chiamato Padre Ricco è suo padre educativamente parlando, educatore finanziario nonché padre del suo migliore amico Mike.
Frequentando una ottima scuola, grazie all’occupazione del Padre Povero, il piccolo Robert si trova a confrontarsi con ragazzini abbienti che in un atto di classismo escludono lui e Mike. L’orgoglio dei ragazzi li porta a porsi domande sui soldi, sulla produzione di ricchezza, per scoprire come il padre dello stesso Mike dal nulla stesse creando un piccolo impero economico, non ostentando i suoi averi.
Inizia in questo modo la formazione finanziaria dei due ragazzini da parte del Padre Ricco: esso li metterà alla prova e li spingerà ad apprendere in modo pratico conoscenze utili per gli affari, portandoli con sé durante le attività e facendoli lavorare nei vari settori dell’azienda, come fanno solitamente i ricchi con i propri figli.
Mostrando poi nel testo il suo percorso lavorativo e imprenditoriale, Kiyosaki cerca di impartire al lettore le stesse lezioni apprese dal Padre Ricco. 

Gli insegnamenti principali sono: i ricchi non lavorano per i soldi, i ricchi inventano il denaro, si lavorare per imparare.
Chi lavora per soldi è colui che si trova intrappolato nella corsa del topo, avere il denaro come fine poiché esso permette una serie di azioni che ci sembrano scontate. Pagare le tasse, pagare le bollette, pagare l’affitto, pagare, pagare e ancora pagare. Se rimane qualcosa o si mette da parte o si sperpera per uno sfizio. Lavorare sodo per diventare ricchi. Se non basta lo stipendio? Cercherò un lavoro migliore, chiederò un aumento, punterò ad una promozione o ancora, la cosa più letale, farò gli straordinari e se serve anche un secondo lavoro. Grazie al sudore posso comprare una nuova auto, una casa più grande.
Questa è la corsa del topo, dannarsi su un percorso prestabilito per avere di più.
Come si comporterebbe una persona ricca (di conoscenze finanziarie)? Innanzi tutto cambierebbe prospettiva, una persona ricca non lavorerebbe per soldi, sono i soldi che lavorerebbero per lei. Il fine non è l’auto nuova, il fine è essere in grado di non dover lavorare.
Comunque tutti desideriamo un’auto nuova e la casa più grande (tutti passivi), la differenza è come li compriamo. Non è la scelta migliore comprare passivi con lo stipendio di ore ed ore di lavoro. La strategia vincente è comprare attivi, con essi possiamo permetterci anche dei passivi.
Gli attivi esistono, non sono una leggenda, esistono se sappiamo dove guardare, se ci istruiamo finanziariamente in modo da acquisire una bussola.
“I ricchi inventano il denaro” vuol dire proprio questo, saper vedere un’opportunità dove gli altri vedono un rischio. Saper mettersi in gioco con il tempismo giusto. Oggi si sente spesso: “se avessi investito in bitcoin ora sarei milionario”. Questo è il tempismo, andare oltre la paura, la pigrizia, il cinismo, le cattive abitudini, l’arroganza. Attenzione: questo non è un monito a buttarsi nel vuoto, assolutamente no. È un incoraggiamento a studiare, approfondire, meditare sulle possibilità e le occasioni che si presentano, uscendo dalla zona di comfort.
Il modo migliore per superare questi ostacoli e per acquisire la giusta impostazione è cambiare la visione che si ha del lavoro. Il posto fisso è il modo migliore per abbattere la nostra curiosità, per affossare il nostro potenziale. La busta paga assicurata non può essere l’obiettivo della vita, al massimo un’occasione dalla quale partire per ambire ad altro. C’è altro, anche in Italia. Anche se questo libro è scritto da un autore con una cultura diametralmente diversa i principi che espone sono universali. Anche nel nostro paese, sono sicuro, possiamo ambire (noi giovani) a qualcosa di meglio che il posto fisso.

Riccardo Rocchi